La nostra storia
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Una storia dalle origini antiche
Una storia dalle origini antiche e tramandata di generazione in generazione. Si ha notizia nel 1926 di un velocissimo trabaccolo da trasporto merci chiamato “Staffetta” armato con vele “al terzo” ed un motore Deutz da 24 cv. Per tradizione, nella famiglia di Nonna Ofelia i pescatori erano “trattaruoli” ovvero pescavano con le tradizionali reti da spiaggia, chiamate sciabiche tratte, lunghe qualche centinaio di metri, venivano tirate verso riva a mano. Questa tipologia di pesca veniva praticata dal calar del sole, fino all’alba del nuovo giorno. Dalla parte del nonno Advo, sempre per mare, si navigava verso l’Istria ed il Mediterraneo con navi da carico ma anche pescherecci d’altura.
Il padre di Advo si chiamava Grado, classe 1904. Fino a prima della Guerra la pesca a Porto Garibaldi non era molto sviluppata. Per questo motivo navigava su imbarcazioni da trasporto di grano, pietrame e legna dall’Istria. Dopo la Guerra, nel trasporto marittimo ebbe la meglio il porto di Ravenna rispetto quello di Porto Garibaldi dove approdarono così le prime imbarcazioni da pesca.
Grado acquistò la prima “lancina” da pesca motorizzata con 8cv Deuchevert. Il nonno Advo si imbarcò sulle navi da trasporto fino al 1956, l’ultimo imbarco lo portò fino a Helsinky con un carico di legname e carbone. Dopo questa esperienza, maturati diversi anni di navigazione, il nonno Advo iniziò a dedicarsi esclusivamente alla pesca. Si imbarcò su un peschereccio di nome “Al crucal – Il gabbiano” della lunghezza di 14,5m utilizzato per la pesca con il rabbio ed il rampone.

Negli anni ’70 Angelo, figlio del nonno Advo si imbarcò assieme a Giovannino e Grado sullo Spiga. Era un peschereccio di 14 m motorizzato con 80cv Arona e cabina a poppa, utilizzato per la pesca professionale allo sgombro con amo.
Questo episodio cambierà il futuro e le attività svolte dalla nostra famiglia. La partenza per la battuta di pesca era al mattino alle 4.00 ed assieme ad altri 20 pescherecci che facevano lo stesso mestiere, si raggiungeva la zona di pesca. Si lascavano così due grandi sacchi di pastura che contenevano 25-30 casse di mangime e la barca veniva ancorata di traverso.
Si pescava con la togna, una semplice lenza recuperata a mano ed in queste circostanze vennero ospitati a bordo i primi “forestieri” che arrivavano dalla città per un’avventura di pesca in mare aperto.
Un giorno c’erano sul molo dei pescatori con la canna da pesca, ovvero pescatori sportivi. Chiesero se potevano aggregarsi anche loro all’equipaggio ed iniziarono a partecipare così sempre più numerosi alle battute di pesca allo sgombro. Inizialmente il pesce pescato dai turisti restava all’equipaggio, i turisti potevano tenere solo una piccola parte del pescato.
La presenza dei pescatori sportivi diventò così un grande vantaggio per l’equipaggio, poiché consentiva di pescare un quantitativo maggiore di pesce. Tra le barche iniziò così ad esserci molta concorrenza per avere più pescatori. Con il tempo cambiarono anche le condizioni di trasporto. I pescatori sportivi iniziarono a pagare una piccola quota di spesa e a tenere oltre metà del pesce pescato.
Checco Bellini visionario e uomo di mare, fu il primo che si dedicò esclusivamente all’attività di pesca sportiva. Acquistò un rimorchiatore di 22m di nome Furia esclusivamente per questa attività e diventò un punto di riferimento per Angelo che abitava a pochi passi dalla sua abitazione.
Negli anni ’80 Angelo, intuì le potenzialità del turismo nautico ed iniziò a svolgere le prime uscite di pesca sportiva. Mentre durante il periodo estivo iniziarono le prime gite al Delta del Po.
Il nonno Advo, siccome era abituato a condizioni di navigazione d’altura, e a solcare il mare per settimane non si abituò facilmente alla pesca sportiva con i turisti. Tuttavia raggiunta la pensione, per il futuro dei figli e dei nipoti fu disposto a questo ed altro!
Ancora oggi Angelo svolge l’attività di pesca sportiva. Questo settore negli anni ’80 ebbe veramente un grande sviluppo e portò ad un notevole indotto per l’economia del porto. In quel periodo, a Porto Garibaldi, si contavano almeno 20 barche adibite alla pesca sportiva.
Nel 2007 Nicola riprende l’attività di escursione che veniva svolta dal padre negli anni ’80.
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Nicola Carli
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